Sono stata razzista.
Che cosa è l’odio per le persone diverse da noi e quanto è questo connesso alla non conoscenza e quindi con la mera paura dell’altro? Bada bene, non sto parlando di ignoranza per offendere e per dimostartelo ti mostro chi ero io, che sono stata razzista per molto tempo ed ho cambiato idea solo parlando con le persone che mi facevano paura e quindi rabbia.
A diciotto anni leggevo solo libri sulle donne abusate dai propri familiari e mariti musulmani (esistono), avevo lanciato una petizione online per salvarne una e vivevo in questo quartiere di Roma dove ci dicevamo: “siamo gli unici Italiani sul bus“. Lo capivi perchè attorno erano tutti di un altro colore ed in più il bus, come in tutta Roma, puzzava, era sempre pieno e pochi pagavano il biglietto.
Avevo fatto due più due.
Veniva cinque ma non potevo saperlo perché avevo diciotto anni e c’erano tante cose che non sapevo.
Verso i vent’anni leggevo Oriana Fallaci descrivere l’Eurabia e la sua paura folle che loro venissero a colonizzarci, io tremavo per la rabbia ed oggi penso, Oriana, grandissima mia amata guerriera e scrittrice, eri forse diventata anziana e chiusa come succede a tanti di noi? Proprio tu che avevi viaggiato il mondo e del diverso ti eri innamorata? Non era solo questo la Fallaci, era figlia del suo tempo, questo sì, proprio come lo sono alcuni miei parenti e spiaggiata in un contesto che le permetteva di parlare in quel modo doloroso e cieco, proprio come certi amici e conoscenti quando dicono cose delle quali io mi vergognerei. Oggi.
Mi pare ci fossero le politiche in Italia e la Santanchè manifestava contro Veltroni, dicendo: “Voleva andare in Africa e invece l’Africa ce l’ha portata qui”. Io pensavo, che gran donna, questa Santanchè, che due coglioni che ha e quanta verità.
Prima dei trenta lavoravo in un posto che assumeva ragazzi che venivano un po’ da tutto il mondo, erano tutti regolari, ed erano soprattutto – sorpresa, sorpresa! – persone, sorrisi e storie. Anche cacca ogni tanto, come qualsiasi persona al mondo.
C’era la ragazza che avevo scoperto indossare il velo durante il Ramadan e cosa potevo dire io di lei e di quella sua scelta se solo fino al giorno prima mi invitava a casa sua per nuotare sulla barriera corallina ed io ci pensavo seriamente? Se fino al giorno prima ridevamo insieme e parlavamo male degli stessi personaggi. Se ci somigliavamo e l’avevo sempre considerata una con un carattere deciso e per nulla sottomesso? Il SUO velo sui capelli in che cosa avrebbe dovuto riguardare ME?
C’erano i ragazzi dell’Est Europa e non venivano al lavoro ubriachi nè stupravano e, con il senno di poi, parlavano Italiano meglio di come io parlo inglese oggi. Leggevano libri importanti come i loro sogni eppure ogni giorno avevano a che fare con qualche Italiano che li guardava storto: oggi penso che almeno loro potevano nascondersi, tacendo l’accento, che non erano neri, colore evidente che fa partire la testa a molti, sui bus pieni, specialmente.
C’era infatti l’uomo Africano che in Italia ci DOVEVA stare malgrado la sua famiglia avesse trovato rifugio in Francia, dove suo figlio cresceva per questo senza di lui. Era un assurdo gioco di burocrazia internazionale infinito. In Italia ci doveva stare ma parlava benissimo la mia lingua e ogni tanto sbottava e diceva “ma guarda che io c’ho una laurea in marketing, non dico cazzate!“, che troppa gente non lo guardava neanche in faccia quando parlava, che nel loro immaginario era sceso dagli alberi, come le scimmie.
Frase che ho sentito dire tante volte e con enorme orgoglio ed una gran risata, in Italia, così come “non sono io razzista ma loro ad essere neri”.
Al mio matrimonio invitai due ragazzi di colore ed una ragazza dell’Est Europa. Un invitato a cui voglio un bene dell’anima, mi disse che stavo sbagliando qualcosa e di metterlo lontano da quel tavolo, soprattutto dalla ragazza dell’Est. Rimasi male ma non riuscivo a provare una vera rabbia, mi sembravano discorsi così normali a quei tempi, era solo un parere. Ed i pareri mica fanno male a qualcuno, o no?
Poi sono partita e la mia testa ha fatto ka-bum.
Ho tenuto dentro di me altri pregiudizi e sono tutti (o quasi) andati a farsi fottere mano a mano che conoscevo persone, esseri umani da tutto il mondo, di ogni colore e credo.
Puoi odiare la donna con il velo che cucina per te e con cui ti scambi i regali a Natale?
Puoi dire “non mangio indiano perché sono sporchi” se poi provi il pane naan appena sfornato?
Puoi pensare “scimmia appena scesa dall’albero(*)” del ragazzo di colore che studia con te in Università? O del tuo capo? O dei tuo medico? O del ragazzo che ti sorride servendoti il caffè mentre scherza con i colleghi? O ancora peggio: puoi pensarlo di qualcuno che sta male? Che ha bisogno? Che ha la sola colpa di avere fame e non esser nato ricco?
Puoi avercela con i cinesi che vengono qui a farci concorrenza quando sei tu che te ne sei andata grazie ad un passaporto fortunato ed una faccia bella bianca? Quando vai dal “cinese” sotto casa per pagare meno la lampadina o l’orlo ai pantaloni? Quando ti fanno schifo ma sono gli stessi dai quali vai a farti i capelli per risparmiare?
Puoi accettare che qualcuno dica “quello non è Italiano” di un ragazzo perfettamente integrato e con un perfetto Italiano (requisito che per quanto ne so non ha a che fare con la cittadinanza o mezza popolazione italica andrebbe espulsa senza passare dal via) ma nato altrove quando TU sai cosa voglia dire vivere in un paese estero e sentirsi parte integrante e motore di quella comunità pur a volte odiando quel paese? Mi sono stupita nel risponde “I am from Aberdeen” ad un paio di persone che mi hanno chiesto di dove fossi, mentre vivevo qui ad Edimburgo. Se guardi i miei documenti è una bugia ma non lo era per me.
Io non posso odiare nessuno per la sua provenienza geografica, non dubito che qualcuno ci possa riuscire e riuscirà ancora per molto tempo ma dal mio punto di vista quella rabbia non è reale – andrebbe infatti diretta altrove – e si perde invece una occasione concreta e bella, un intreccio, un ricamo imprevisto su una tela fatta di granitiche certezze.
Anche una razzista come me c’è riuscita a superare certi pregiudizi perché quando conosci una persona non puoi provare odio immediato, a meno che quella non ti dica “piacere!” per poi darti una testata in faccia. Caso piuttosto raro e per nulla correlato con la nazionalità a quanto ne so.
Un consiglio?
Se ti allungano una mano, stringila. Non ti prenderai nessuna malattia.
Se ti chiedono di assaggiare un cibo tipico, provalo. Male che vada avrai qualcosa da raccontare ed il più delle volte sarà un “non immaginavo potesse essere cosi’ buono”.
Se puoi ascoltare gli altri, fallo. Ogni storia ha contribuito a cambiarmi e nei cuori di coloro che lasciano il proprio paese c’è un fiume in piena e questo te lo dico per esperienza personale.
Se puoi essere buono, prova. Questo non te lo devo spiegare, fare una minima differenza per un essere umano fa bene a noi in primis.
E comunque, sai, l’ultimo che mi ha detto “l’Italia agli Italiani”, era un ragazzetto che si definiva un lavoratore onesto e ci ha inculato 500 euro. Che a quel punto, sarebbe stato da dirgli che se l’Italia è questa allora se la poteva tenere, eh.
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(*) Ci tengo però a dire che una frase così non l’ho mai detta ne’ pensata e solo scriverla mi ha fatta star male.
Da quando ci siamo trasferiti in Germania è capitato anche a me di pensare al razzismo, perché per la prima volta l’ho sperimentato su di noi e ho ragionato sui miei pregiudizi. Uscendo dal nostro Paese, con quel passaporto fortunato di cui parli tu, con la faccia bianca ed un lavoro, essere guardata male perché straniera, era l’ultima cosa che mi sarei aspettata. Tuttavia in quegli sguardi storti, in quelle risposte sgarbate ai miei tentativi di parlare la loro lingua, mi sono rivista. Mentirei se dicessi di non aver provato rabbia e di non sentirmi accettata, impotente, fuori posto, ma allo stesso tempo mi sono sentita più vicina a quelle persone che in Italia guardavo con sospetto. Ho riflettuto sul fatto che nessuno lascerebbe la propria Patria e metterebbe a rischio la vita, se a casa sua avesse tutto quello che va’ a cercare all’estero; in alcuni casi nuove e migliori opportunità, in altri la sopravvivenza. Noi abbiamo deciso di andare via, anche se non disperati e senza rischiare di morire ed anche noi avendo una qualità di vita migliore forse non ci saremmo mai allontanati; solo che chi ci guarda non lo sa e non immagina la nostra storia, la nostra realtà e così accade ogni volta che incrocio io lo sguardo di un richiedente asilo.
Mi dispiace ti abbiano trattato a quel modo, e’ vergognoso e fai bene a parlarne: che si sappia, anzi! 🙁 Io non ricordo nulla di terribile, qualche occhiatina o risatina di fronte all’accento ma vabbe’, erano persone da poco in quel caso li’. E persona da poco lo sono stata anche io in certi momenti.
Andandocene abbiamo provato tante emozioni ed incontrato ostacoli e problemi, per fortuna alcuni di noi se ne ricordano quando incontrano gli occhi di chi scappa da ben altro. Non tutti, purtroppo. 🙁
E’ vero quello che si dice cmq, che basterebbe essere umani.
molto importante e interessante la tua riflessione
tante volte è proprio l’ignoranza o forse anche la paura della diversità che ci blocca e ci rende incapaci di provare e di stare con gli altri
Basterebbe molto poco per far meglio.
io non sono mai stata razzista nel vero senso del termine. Ho sempre applicato il motto vivi e lascia vivere sin da quando ero una scalmanata adolescente mezza anarchica. ora come ora mi ritrovo a uscire di casa già col piede di guerra perché i livelli di maleducazione e inciviltà sono davvero alle stelle. Una volta sono stata molestata verbalmente da un vu cumprà in spiaggia. Mi ha visto sola e si è piazzato davanti a me nonostante lo implorassi di lasciarmi stare rideva e continuava a disturbarmi apposta. Dietro di me una coppia di italiani appena io ho alzato la voce minacciando di chiamare i vigili urbani mi ha dato della razzista e che era solo un poverino. Un poverino!!!!!!!! Questo episodio mi è rimasto nel cuore perché davvero ho subito io un’infamia da parte di chi se la rideva dietro di me. Ad ogni modo non è certo il colore della pelle o la razza a far l’intolleranza. è l’educazione. quella che bisogna insegnare anche a noi italiani stessi. Ero a Lubiana. passeggiavo sulla Lubianska in silenzio ammirando le bancarelle bellissime slovene. Da lontano sentivo urlare in napoletano. Che figura di cacchina … io sono diventata bordeaux e ho cominciato a guardarmi gli abiti per capire se indossavo qualcosa che mi identificasse come italiana…. o a Londra. Tutti in fila in cassa al supermercato. Arrivano connazionali e si mettono davanti ad altri tutti ammassati….. a questo punto… ho capito che io sono intollerante verso chi non rispetta….. che sia a casa mia o meno.
Anche io, mordo e non tollero piu’ certe dinamiche. Per fortuna qui sono piu’ educati, per queste cose almeno!
il mix ignoranza più paura sono una bomba micidiale. complimenti per aver affrontato questo problema in un periodo così difficile per l’accoglienza.
Micidiale, vero!
L’italia sta vivendo un momento difficile. Io dico solo una cosa e la dico forte: LE DIFFERNEZE SONO OCCASIONE!!!!!! SEMPRE! PER TUTTI!
Fai bene ad urlarlo. 🙂
Il vero grande problema secondo me è l’ignoranza, il fatto proprio di non conoscere come stanno veramente le cose. In Italia si protesta per gli immigrati ma il costo della benzina di 1,80 euro/litro sembra che vada bene a tutti.
Si’ e di certo non l’abbasseranno loro, la benzina.
Mi piace molto questo post perché dimostra come si può cambiare con l’esperienza e la conoscenza.Perchè il razzismo serpeggia e si diffonde in modo subdolo, nelle maglie della NON conoscenza e dovremmo imparare dalle piccole cose che si può cambiare: ascoltando e guardando negli occhi chi ci sembra “diverso”. Solo così scopriremo che non è “diverso”.
Ne abbiamo nella vita di nemici veri, meglio prendersela con le persone giuste!
Bell’articolo. Io non sono razzista ma ho pregiudizi verso alcuni atteggiamenti, non solo di persone dell’est, di colore o con il velo, ho pregiudizi verso chiunque abbia un atteggiamento tale da potermi fare riflettere. Secondo me e` il pregiudizio che ci tiene vivi. Il razzismo invece, ci fa solo vivere di paura e maleducazione. Tutti, prima di affacciarsi al mondo, prima di espandere la propria mente, hanno paura del diverso. Come e` successo a te, basterebbe solo esplorare, avere a che fare con chi ‘temiamo’ per capire che non c’e` nulla da temere ma solo da imparare.
Lo spirito di conservazione e’ importante, i pregiudizi in senso esteso non saprei ma esistono ed e’ bene farci i conti e saperli riconoscere. 🙂
Sono contenta che tu abbia cambiato idea. Io ho sempre avuto ed ho tuttora amiche provenienti da ogni dove e sono per me persone fantastiche! I buoni a nulla ci sono sia in Italia che in giro per il mondo…
Davvero, gentaglia e persone belle sono ovunque!
Un articolo bellissimo che porta a riflettere profondamente. Purtroppo come hanno già detto l ingnoranza nel senso proprio della non conoscenza di qualcosa o qualcuno porta ad averne paura. Il primo passo è quindi proprio quello di imparare a “conoscere” parlando interagendo e non chiudendosi in se stessi e nelle proprie ingiustificate convinzioni.
E non dovrebbe esser poi cosi’ difficile… 🙂
Grazie per questo articolo perché é davvero importante che le persone capiscano che essere razzisti non porta ad essere migliori..sono sposata con un uomo del sud america e a volte vedo che lui vie e visto in malo modo e questo mi fa male..perché se lo conoscessero capirebbero che non é come pensano loro..
Mi scuso a nome di chi vi fa male, mi dispiace molto.
Bisognerebbe ascoltare le persone, oppure pensare alle loro storie e sensazioni, perché le persone non sono numeri o solo nomi, sono esseri umani.
Sempre, hai ragione.
Continuerò a pensare e sostenere che la madre degli ignoranti è sempre incinta!
Sono della stessa idea di Valeria: bisogna ascoltare ciò che le persone hanno da dire. Provare mettersi nei panni degli altri.
Empatia, questa sconosciuta. 🙁
Sei molto coraggiosa a condividere queste cose e credo che si veda bene dalla tua esperienza come viaggiare, conoscere gente, aprirsi la mente sia il miglior antidoto contro il razzismo. E l’importante credo sia rendersene conto e fare di tutto per essere piu’ tolleranti ed aperti (e ora che ho scritto queste cose gia’ mi immagino la gente darmi della radical chic buonista XD)
Poi davvero, ho conosciuto certi razzistoni/sessisti/omofobi piu’ o meno inconsapevoli che han viaggiato il mondo… che spreco! 😀
Concordo con Giupy, un post coraggioso 🙂
E fai bene a parlare del tuo vissuto, che ormai sembra veramente che chi parla di apertura verso gli altri se ne stia rinchiuso in appartamenti chic a predicare e basta.
La fortuna di avere un passaporto bordeaux è quello che ci caratterizza, a prescindere dall’essere ricchi o poveri monetariamente: ne avevo scritto qualche tempo fa, ed è una fortuna di cui ti rendi conto soprattutto quando chi ami ha il passaporto di un altro colore.
E’ vero che nei contesti disagiati si puo’ arrivare a provare rabbia verso il bersaglio sbagliato ma il razzismo e’ trasversale e sta anche negli appartamenti della popolazione bene. Che peccato e che occasione persa per tutti!
Passaporto fortunato il nostro, lo dico sempre anche io!
Pensavo a qualcosa di simile qualche giorno fa: forse non odiamo veramente delle persone ma solo le idee che abbiamo su di loro. Questo vale anche nei di categoria sociale e professionale. Basta parlarci con quella persona, abbassare un attimo le difese, vederla nei suoi difetti e nei suoi pregi, per capire che è solo un essere umano, un po’ scimmia e un po’ dio, per parafrasare. Mi è piaciuto anche il tuo metterti a nudo, ad ammettere la tua scarsa consapevolezza di un tempo. Anche questo fa parte della vita: cambiare ed evolvere.
Si’, Luca, infatti abbiamo tanti leoni da tastiera proprio per quello.
Bellissimo articolo! Pieno di spunti di riflessione. Concordo sul fatto che la multietnicità può essere solo una cosa da cui imparare. Il problema in Italia è che non ci sono regole, questo porta a situazioni di gestione e convivenza molto difficili.
Si’, quello che mi sembra che non tutti vedano e’ che le regole non ci sono neanche per gli Italiani, che sono i primi ad approfittarne.
Brava, molto bello questo articolo e quanto mai attuale. Io credo che razzisti o di pregiudizio, un po’ lo abbiamo tutti, se pensiamo al solo fatto che se uno dice di “odiare qualcosa”scatta il razzismo contro questo che odia. Un cane che si mangia la coda insomma. E’ l ignoranza, nel senso di non conoscenza che porta ad atteggiamenti e pregiudizi sbagliati. Ci vorrebbe piu umilta, soprattutto evitare di dare etichette prima di conoscere… che mondo sarebbe se fossimo tutti uguali? Per me vale il motto “non fare agli altri cio che non vuoi venga fatto a te”!
Capisco cosa dici, ci vorrebbe piu’ pace e piu’ amore. Sono in accordo con te.
La tua riflessione è molto stimolante e coraggiosa. Sì perché molti sono bravi a scrivere riflessioni stimolanti ma pochi hanno il coraggio di mettere la faccia davanti ad opinioni che oggi consideriamo esecrabili ma, magari, non troppo tempo fa facevamo nostre senza problemi.
La pappardella a memoria non paga, ci vuole sentimento e verita’. 🙂
Mi piace come affronti un argomento così delicato e spinoso, questo post dovrebbero leggerlo tutti per sensibilizzare, informare e lasciar riflettere!
Grazie, Evelina!
Secondo me uno dei problemi più grandi è che molti vedono le cose o solo bianche o solo nere (non vuole essere un riferimento al colore della pelle delle persone), senza vedere tutte le sfumature che ci stanno in mezzo. Ma è anche vero che se certe esperienze non le vivi in prima persona, spesso cambiare idea è difficile.
Si’, ci sono tante sfumature e piu’ cresci piu’ secondo me saresti cieco a non vederle…
Uno dei problemi più grandi è il fatto di essere ignoranti, spesso mi capita di vivere scene di razzismo e soprattutto di disprezzo di cibo rispetto a quello italiano.Su questo argomento ne discuterei ore e ore soffermandomi soprattutto sul cibo! Non sopporto le persone che dicono cavolate sul cibo etnico, se non lo provi non saprai mai dire se ti piace o no.Queste cose fanno rabbia davvero e mi spiace che la gente rimanga ancora con una mente chiusa e caparbia, posso comprendere le generazioni passati di bisnonni che avendo quella mentalità non si può smuore ma generazioni successive che si limitano a mangiare solo cibo italiano e rammentarlo dopo un viaggio estero mi sembra sprecata come cosa.
Guarda, saro’ un po’ netta: quando mi dicono “che schifo” o fanno storie infinite sul ketchup sulla pasta (che io non mangio ma non per questo vado a dire che stanno offendendo la nostra cultura. Ad offendere la nostra cultura bastiamo noi! Quello che un altro decidere di mettere nel piatto non mi riguarda proprio.) io alzo le mani, non ci si puo’ ragionare.
Sei una persona in gamba, hai mostrato senza falsi pudori ma con tanto coraggio il tuo percorso, l’evoluzione del proprio sentire che e’ piu’ efficace della rivoluzione. Stupenda la progressiva apertura mentale ( e di cuore) a mano a mano che sei entrata a contatto con persone reali e non con preconcetti astratti. E poi mi piace chi parte dai propri errori per mostrare a se’ e agli altri una strada da percorrere.
ml
Come dici tu, e’ inutile raccontarsi meglio di cio’ che si e’ o si e’ stati. 🙂
Io dico solo che la persona migliore che abbia conosciuto mai è extracomunitaria.
Grazie per questo articolo.
Mi piace molto come ti metti a nudi e come dimostri che cambiare si può. Basta metterci la testa.