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Fai cernite prima della partenza.
Rinunci al milione di scarpe, alle collane ed a tutto il resto.
Nei miei pensieri pre-partenza io davvero pensavo che sarei riuscita a far entrare, in quella valigia da 30 chili, anche il pentolino che mi aveva regalato nonna e la paperella per la vasca che comprammo con il marito ad Amsterdam.
Ma la realtà è un’altra cosa e ci si viene a patti.

Mentre fai gli scatoloni sbrodoli lacrime e archivi tutto sperando che ne valga la pena.
Una cosa che realizzai immediatamente, durante quei giorni di preparativi di quasi due anni fa, è che quando lasci i tuoi affetti, le cose tornano ad essere solo oggetti e pesano, in paragone, molto meno.
Ho lasciato il mio cuore in Italia, ne ho lasciati proprio tanti pezzi e non mi farò venire il magone per un set di bicchieri o per una giacca che portavo raramente.

Sì, dispiace di dover venire a patti e non potersi teletrasportare con tutti i propri averi nel nuovo mondo, di non ritrovarsi lì con i capelli appena fatti e le unghie laccate di rosso.
Ma fa tutto parte del processo.
Preparativi come questi necessitano lacrime, magone e sì, di sporcarsi le mani e insozzarsi di polvere i capelli.

In qualche modo è riempiendo quegli scatoloni che ho capito il valore di ciò che andavo a compiere e di tutto quello che lasciavo.
Persone e non cose.

In quei giorni regalai tante delle mie cose, soprattutto gli elettrodomestici nuovi che sarebbe stato un peccato lasciare ad invecchiare negli scatoloni.
Le piante enormi che affollavano il mio balcone le portai di persona a casa dei nuovi proprietari, preparai buste con macchina del caffè, teiera, microonde, docking station con sveglia e radio.
Dalla mia macchina in corsa, e sì anche quella non ce l’ho più, lanciai un ombrello ad una signora che era completamente fradicia, presa alla sprovvista da un improvviso acquazzone estivo.
Lei mi urlò “non so nemmeno come ti chiami per ringraziarti”.
Mi venne da sorridere perché il regalo l’aveva fatto lei a me, usando uno degli ombrelli che non avrei mai messo negli scatoloni per la me stessa del futuro.
Regalando le mie cose mi liberavo, stavo bene e sentivo venir meno i legacci, le corde che mi tenevano attaccata alla vita che avevo costruito in Italia.
Una mia cara amica prese a paragonarmi a San Francesco.

Qualcuno mi disse che non avrei dovuto dar via nulla perché l’Australia poteva non piacermi e tornare in Italia sarebbe potuta diventare di nuovo un’ipotesi.
Ma io sapevo che non sarei più tornata e aver regalato le mie cose è stato un liberarsi ed una coccola.

Il mio guardaroba non mi era mai sembrato così fornito quando vivevo in Italia e anzi c’era sempre spazio per una maglietta o un vestito nuovo, vittima del non ho niente da mettermi che mi colpiva al mattino prima di andare ad affrontare una nuova giornata di lavoro.
E invece lo era – immenso – e son serviti più di 30 scatoloni 60×60 per archiviare la mia vita italiana e, di questi, diversi erano pieni di vestiti, scarpe e borse.
Di cose di cui poi non ho sentito la mancanza.

Sono partita con una valigia da 30 chili ed un bagaglio a mano che sforava il peso consentito, ma la ragazza del check-in mi fece solo gli auguri per l’avventura, con un sorriso bellissimo.
Una volta in Australia quelli nella valigia, e solo quelli, erano i miei vestiti, un numero ridotto di capi e di scarpe che finivano in lavatrice per essere riutilizzati alla settimana successiva.
L’asciugatrice logorava una delle mie magliette preferite ed io me la mettevo uguale, perché ne avevo portate con me ben poche e di comprare qualcosa con sulla testa la possibilità di un ennesimo trasloco e di doversi trascinare dietro di tutto… no grazie.

Ma non sono più in Australia, sono in Scozia e qui ci starò per quattro anni.
La casa che abbiamo affittato, un grazioso bilocale con una grande cucina ed un bagno con un provvidenziale bidet, sarà nostra finché, ce lo auspichiamo, saremo qui.

Per questo motivo lo abbiamo fatto.
In una giornata piovosa è così partito da Roma un camion indirizzato ad Aberdeen, arrivato qui quando il cielo non prometteva niente di buono.

30 pacchi di cui 2 ancora dispersi, un mese dopo.
Alcuni di questi pesavano da soli 60 chili ed erano pieni, pieni zeppi di libri ed oggetti che una volta riempivano una casa ben più grande di questa.
Guardo i pacchi e quando metto a fuoco il nostro delizioso bilocale mi rendo conto che farà fatica a contenere tutto ciò che una volta era distribuito a casa nostra, in Italia.
Quando tutto aveva un posto assegnato e ragionato.

Aprendo le scatole, eccoli i miei oggetti.
Li ho pensati e ne ho accarezzato il ricordo, ma dopo quasi due anni passati vivendo con il contenuto di una valigia da 30 chili…cosa me ne faccio di tutte queste cose?

Non ne ho bisogno ora.
Affatto.
E dire che di indizi ne avevo avuti.
Ma rimane una sorpresa.

Avere tutti questi oggetti in casa quasi mi soffoca.

Tutte queste cose?
Ma quando le userò tutte?
Nonostante le regalie pre-partenza ho ancora 4 robottini da cucina, un numero folle di scarpe e vestiti e, diavolo, anche tanti asciugamani.
Il cassetto della cucina non si chiude per il numero di utensili più svariati, dallo schiaccia aglio al pennello per l’olio, passando per una grattugia enorme.
Ho un vassoio per le torte ed uno per i formaggi, con tanto di tazzine abbinate per le marmellate ed il miele e cucchiaini di ceramica.
Non ho idea di cosa fare con i 4 set di lenzuola che avevamo scelto con tanta cura durante la convivenza ma che non ci rappresentano più. Abbiamo vissuto con un solo lenzuolo per un anno e mezzo e vi giuro che siamo stati bene lo stesso.
Regolarmente pronto per tempo dopo essere stato nell’asciugatrice, posizionato sopra al materasso giusto prima dell’arrivo dell’ora della buonanotte.

E delle centinaia di libri ne vogliamo parlare?
La piccola libreria che abbiamo comprato sembra scoppiare.
Dispongo i volumi su due file, per orizzontale, uno sopra l’altro ed ancora non ci stanno.
I ripiani si imbarcano e formano morbide curve.
Non pensavo lo avrei mai detto ma sì, sono troppi e non tutti necessari, non tutti da rileggere.

Sento il peso di avere nuovamente tutti quegli oggetti che una volta facevano casa ma che non la fanno più.

Casa è qualcos’altro e basta molto meno e serve molto di più.

Quasi mi ammazzo per dare coerenza alle nostre cose.
Avverto i lati negativi dell’avere così tanto.

E non fraintendetemi.
Sorrido anche prendendo in mano i miei piccoli tesori dimenticati.
Scatto foto aprendo le scatole e trovando oggetti che parlano, parlano più di altri e raccontano l’Amore.

Un biglietto di una mia prozia.
Ricordo come fosse ieri, era dentro la scatola del corredo che volle farmi da piccina.
Ed ero piccina veramente.
Aveva paura di non aver tempo per vedermi sposata e così, dopotutto, sono andate le cose.
Di lei rimangono queste righe affettuose e quel pensiero alla sposina Serenella che poi son diventata, nella Basilica Santi Giovanni e Paolo di Roma.

Ed i piatti di nonna, che è una signora che crede nella ceramica bianca e prima che mi sposassi mi ha comprato un servizio intero.
Mangiare di nuovo in scodelle così belle mi ricorda quanto era bello vivere vicino a loro, i nonni.
Passare da loro dopo aver fatto una passeggiata per il nostro quartiere o dopo il lavoro.

E poi, ancora, la macchina del riso che mi regalarono i miei migliori amici quando andammo a vivere insieme.
Che non per niente loro mi conoscono e mai regalo fu più gradito nella casa della sushiarola.
E nei pacchi trovo anche i piatti da zuppa, sempre un loro pensiero per noi, e corro al telefono per dirgli che li amo, oggi come ieri.
Anche se con un semplice messaggio vocale di WhatsApp e mi si incrina la voce nel ricordargli che ci sono sempre stati, anche a distanza, e che mai lo dimenticherò.

E potrei citare la cake topper della torta nuziale, con la sposina a cui si era rotto un braccino, ora incollato di nuovo, e che è tornata a splendere… ma in realtà in mezzo a tutti questi dolci ricordi è lui a farla da padrone, il Roomba.
Che ok, non ha alcun valore sentimentale, ma rimango una pigra materialista e lui mi fa trovare casa pulita ogni giorno e questo non guasta per niente!

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Già.
Queste e non molte altre son le cose che son felice di avere.

Gli altri, di oggetti, son solo cose rispetto alle tante emozioni che sto vivendo. Quelle contano di più, in un modo che trovo totalizzante e dopotutto inspiegabile.

Ma alcune cose son più emozionanti di altre e sono felice di trascinarle con me, malgrado il loro inequivocabile peso, in giro per il mondo.

Serena, Scozia

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