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Ho dichiarato all’inizio di questo libro di non essere un essere umano dotato di grande coraggio. Quel che molti scambiano per coraggio è in realtà incoscienza, fatalismo oppure scarso interesse per il finale. La verità è che me la faccio sotto per un numero impressionante di ragioni.
Il mio primo viaggio all’estero fu Parigi e salii su quel mio primo aereo come regalo dei miei nonni per i miei diciotto anni.
La presi benissimo.
Così bene che rimasi con le lacrime agli occhi e gli artigli nella poltrona, paralizzata. Di tanto in tanto emettevo gemiti da film porno di serie b, a dimostrazione che ero ancora viva.
Presente e terrorizzata.
Chiesi di tornare in Italia con il treno ma nessuno mi prese sul serio.
Lo ero eccome.
Qualche viaggio dopo ero a Budapest e mi scoprii così provinciale nel pensare che solo due ore prima ero a Roma.
Cosa è?
Magia questa??
Qualche viaggio dopo ancora ero in volo per Matera per motivi di lavoro ed ordinai una bottiglia di champagnino per placarmi il terrore e non smisi mai di parlare con il poveraccio accanto a me.
Che rifiutò pure il mio champagnino.
In effetti più che parlare emettevo i miei famosi gemiti da film porno di serie b e gli ripetevo che avevo paura di morire.
Lui aveva una faccia sorridente che scambiai come segno di disponibilità ed incentivo per lasciarmi andare e fare la matta.
Caro signore sconosciuto, a ripensarci ora, lei non sapeva più come mandare segnali alla hostess per farsi salvare dalla me stessa pazza molestatrice ubriaca e di questo, con il facile senno di poi, mi scuso.
Volo dopo volo arriviamo ad oggi e alla mia faccia di colpo cadaverica quando il piccolo aereo che collega Aberdeen con Londra inizia a combattere la turbolenza.
“Voglio solo rivedere mio fratello e la sua famiglia“, gemo teatrale spingendo con la mano il sedile davanti e cercando l’appoggio di mio marito che ormai mi conosce e dice le sue tre-quattro frasi placa_pazza.
Durante tutti questi voli mi sono abituata un pochino, mi sono ritrovata anche a pensare che volare (errore, viaggiare), mi piaccia. Ma sempre, durante ogni volo, ho promesso al buon Dio che non sarò più così folle da usare una macchina alata per raggiungere destinazioni lontane.
Questa volta, faccia cadaverica e patti con Gesù permettendo, a farmi compagnia è stato un libro bellissimo.
“Nemmeno troppo lontano” di Maddalena Mariani.
Un racconto tragicomico di una ragazza che compie una serie di scelte.
Compra una bici.
La chiama Alfonso.
Carica il suo zaino di barrette ai cereali.
E parte per girare tutta la Lombardia, con pochi euro in tasca, approfittando della generosità di sconosciuti che di volta in volta – grazie al CouchSurfing – le danno ospitalità.
Inorridita dall’idea di avere contatti fisici o sentimentali con altri esseri viventi e vergognosamente incapace di incrociare le gambe in posizioni yogiche, mi ritrovai il giorno del mio ventitreesimo compleanno persa in un bosco, minacciata dai fulmini ed inseguita dai cinghiali, con sei euro in tasca ed altrettanti giorni di viaggio alle spalle. Con me solo Alfonso, la mia bici, ed una quantità notevole di barrette ai cereali, gusto frutti rosso. Era un quadro straordinariamente felice.
Cosa può succedere durante un viaggio in bici?
Di tutto, assolutamente di tutto, dalle sgradite avances ad un vero e proprio alluvione.
Nel mentre Maddalena vi racconterá la Lombardia che forse conoscete ma lo fará in un modo diverso, sottolineandone, appassionata, la bellezza e la storia.
Ne leggerete delle belle e voglio dirvelo, questo libro andava scritto e andava scritto proprio così.
Esclamerete: “Ma dai! Ma è impossibile!”. Questo grazie alla vivace penna di Maddalena che riporta i fatti così come sono avvenuti, senza ricami. Ricordandoci che la vita può essere una incredibile avventura anche a poche centinaia di chilometri da casa.
Questa, di avventura, nasce da un amore finito catastroficamente e dal desiderio di rivincita, di ricominciare e di spendere le proprie energie – di consumarle tutte – dietro a qualcosa che sia solo per Maddalena.
Che sia fatica, emozione e solitudine.
Lascio la parola a lei:
– Maddalena, una ragazza che viaggia da sola e che si affida al CouchSurfing per rimediare un cantuccio fa ancora, tristemente, notizia. E’ stato facile dire che partivi?
Non ho urlato la notizia ai quattro venti proprio per evitare di essere sommersa da scetticismi e paure altrui. Sono partita e basta. Ho affrontato la questione una volta tornata, e lì ho potuto constatare quanta diffidenza ci sia – ancora oggi, nei confronti di questo stile di viaggio.
– Hai trovato quello che cercavi durante questo viaggio?
Sono partita mossa da un impulso, una sorta di istinto mi ha spinta a cominciare questa avventura senza preparazione e senza aspettative. Tutto quello che ho vissuto è stato un grande regalo, totalmente inaspettato. Speravo che mi servisse a stare meglio, perché volevo uscire da un periodo difficile, e questo è avvenuto. Ma lo “stare meglio” è stato solo uno degli infiniti benefici.
– Una volta tornata a dormire nel tuo letto, quando l’avventura diventava ricordo, a cosa hai pensato?
“Ce l’ho fatta”.
– A chi consiglieresti di iniziare un viaggio in solitaria e perche’?
Penso che tutti, prima o poi, abbiamo bisogno di prenderci tempo e spazio necessari per metterci alla prova, incontrare il nostro IO profondo. Viaggiare da soli è un modo per raggiungere lo scopo. Non è l’unico, ma è quello che per me e molti altri funziona meglio!
– E adesso dove ti porteranno le tue gambe? Ancora in bicicletta per l’Italia?
Alfonso, la mia bici, chiede di essere lasciato in pace per un po’. Il prossiamo viaggio mi porterà a realizzare alcuni dei miei più grandi sogni intorno al mondo…
Il libro di Maddalena, una scrittrice che sentirete nominare ancora, e’ disponibile su Amazon in versione digitale e cartacea.
Serena, Scozia